In seguito agli attentati terroristici del 2001 il mondo si è dovuto confrontare con il fatto che la peggiore minaccia alla sicurezza non proveniva più tanto dalla criminalità organizzata quanto dalle cellule terroristiche che negli ultimi anni avevano iniziato a proliferare in Africa e Medio Oriente, le quali avevano assunto un carattere transnazionale ed obiettivi di destabilizzazione globale. Secondo quanto dimostrato da Thompson e Turlej ne ‘‘Other People’s Wars: A Review of Overseas Terorism in Canada’’ (2003), esiste una ‘‘naturale’’ partnership tra criminalità organizzata e il terrorismo, che allo stesso tempo può essere un processo evolutivo, ma che non deve far ritenere assimilabili le due categorie.
Le maggiori somiglianze riguardano gli aspetti strutturali: entrambe hanno come nemico lo Stato e la polizia ed agiscono segretamente cercando di utilizzare a proprio vantaggio varie armi e tattiche. A livello organizzativo le analogie sono limitate ad alcuni gruppi criminali, soprattutto se agiscono a livello internazionale, che si servono di strutture a rete simili a quelle delle organizzazioni terroristiche per avere vantaggi tattici, ma questa forma organizzativa non può essere considerata né tipica né benefica per la criminalità organizzata ‘‘tradizionale’’, gerarchicamente organizzata, come la Mafia.
Infine, gli aspetti che differiscono maggiormente riguardano gli obiettivi: infatti, la criminalità organizzata solitamente è interessata all’impostazione di un ‘‘business’’ stabile in grado di garantirle profitti per lunghi periodi di tempo; al contrario, i gruppi terroristici hanno fini ideologici e si servono del denaro per finanziare la propria struttura o gli attacchi con cui mirano a provocare una destabilizzazione immediata.
Le due tipologie di gruppi, dunque, hanno in comune la volontà di assicurarsi una solida base monetaria, ma se nel primo caso si potrebbe ritenere l’obiettivo finale, nel secondo è invece solo un mezzo che consente di perseguire efficacemente i propri obiettivi. Da ciò deriva una sostanziale differenza tra i due rispetto alla direzione dei flussi di denaro: il riciclaggio mira a mascherare l’origine criminale dei fondi per farli apparire legittimi; al contrario, molte delle risorse economiche in possesso delle organizzazioni terroristiche derivano da sponsorizzazioni private o altri strumenti legali, sebbene non sia escluso che si servano anche di attività illecite. Tale diversità è alla base della definizione fornita da molti autori di finanziamento del terrorismo come ‘‘riciclaggio di denaro in senso inverso’’, il quale pone un’ulteriore difficoltà nell’efficacia del contrasto, in quanto flussi di denaro legittimi dovranno essere riconosciuti come mezzi finalizzati al compimento di attività terroristiche. Da un punto di vista pratico ciò è possibile solo con una stretta collaborazione tra le autorità antiriciclaggio, gli intermediari finanziari e l’intelligence anti-terrorismo.
La prima fonte normativa che ha previsto al suo interno tali presupposti è la Convenzione delle Nazioni Unite per la Soppressione del Finanziamento del Terrorismo del 1999, da cui sono derivate una nozione universale del ‘‘reato di finanziamento del terrorismo’’ e l’individuazione di nuove figure di reato collegate al compimento di atti di terrorismo tra cui l’istigazione alla commissione di un atto terroristico (art. 5), il reclutamento (art. 6) e l’addestramento. La Convenzione, che integra i trattati e gli accordi esistenti fra le Parti, nello stesso anno è stata aggiornata con la Risoluzione n. 1267/ 1999 in cui si introducono ulteriori misure volte a congelare le risorse economiche de- tenute da persone collegate ad Al-Qaeda, sulla base di una blacklist gestita dal Comitato per le Sanzioni; in seguito, con la Risoluzione n. 1373/2001, la portata del sistema delle liste di congelamento e` stata ampliata, estendendola a persone sospettate di appartenere o sostenere organizzazioni terroristiche, liste che saranno direttamente gestite dagli Stati membri. Nel 2014 le Nazioni Unite sono nuovamente intervenute con la Risoluzione n. 2133 ribadendo l’obbligo di tutti gli Stati membri a sopprimere il finanziamento del terrorismo e a condannare i rapimenti quale metodo per ottenere fondi o concessioni politiche, metodi utilizzati frequentemente dai gruppi come Al-Qaeda e Isis. Le nuove tecnologie di comunicazione assumono un’inedita centralità in quanto consentono le attività di reclutamento, finanziamento e preparazione di azioni terroristiche. Nello stesso anno, la previsione normativa è stata ampliata con altre tre Risoluzioni:
– risoluzione n. 2170, la quale rafforza le disposizioni inerenti la lotta al finanziamento del terrorismo, soprattutto in relazione alla minaccia di ISIL, ANF e Al-Qaeda;
– risoluzione n. 2178, con cui si manifesta la necessita` di contrastare il finanziamento del terrorismo volto, tra l’altro, a diffondere la radicalizzazione, il reclutamento e sostenere le attività dei c.d. foreign fighters;
– risoluzione n. 2195, relativa alle azioni da intraprendere per rompere il legame tra terroristi e criminalità organizzata, ritenuto uno dei canali con cui si finanzia il terrorismo.
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, infine, ha emanato due nuove Risoluzioni nel 2015, con le quali si riaffermano le norme ed i regimi sanzionatori adottati precedentemente (Risoluzione Nazioni Unite 2199/2015) e si cerca di rafforzare la pressione sul gruppo Isis, mirando principalmente alle sue fonti di finanzia- mento (Risoluzione Nazioni Unite 2253/2015).
Nel corso di una riunione plenaria tenutasi pochi giorni dopo gli attentati di New York dell’11 settembre 2001, il Financial Action Task Force (FAFT) ha esteso il proprio mandato al contrasto del finanziamento degli atti di terrorismo e delle organizzazioni terroristiche, introducendo Otto Raccomandazioni Speciali sul Finanziamento del Terrorismo. Queste ultime, oltre a fornire linee di indirizzo per rendere operative le Risoluzioni Onu, hanno definito alcuni criteri regolamentari per presidiare meglio i settori ritenuti maggiormente esposti al rischio, tra cui servizi di money transfer, bonifici transfrontalieri, trasferimenti di contante al seguito, operatività di organizzazioni non-profit. Nel 2003, a seguito di una nuova revisione, le Raccomandazioni Speciali sono diventate Nove e approvate da oltre 180 Paesi. La normativa è stata interamente rivista nel 2012 consentendo l’avvio di un profondo aggiornamento delle Raccomandazioni in stretta cooperazione con i Gruppi Regionali costituiti sul modello GAFI e con osservatori quali il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Le nuove Raccomandazioni, corredate da ‘‘Note interpretative’’, chiariscono e consolidano obblighi già esistenti ed introducono innovazioni che tengono conto dell’esperienza maturata negli anni, delle criticità riscontrate nelle valutazioni dei sistemi antiriciclaggio nazionali e dell’evoluzione dei rischi, in modo da rafforzare i controlli sulle situazioni ad alto rischio. La revisione, inoltre, consente ai Paesi di adottare un approccio più flessibile in grado di rispondere in modo adeguato e proporzionale alle diverse peculiarità. Dopo aver individuato le minacce più frequenti, le autorità nazionali possono così concentrare le proprie risorse in maniera più efficace applicando misure preventive, o correttive, nelle aree in cui permangono elevati rischi. Gli Stati, da una parte, devono disporre di politiche antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo, periodicamente riviste, che tengano conto degli standard internazionali e dei pericoli individuati; dall’altra, devono istituire un’autorità, in Italia l’Unitaà d’Informazione Finanziaria (UIF), che si assuma la responsabilità di tali politiche, sia per quanto concerne la loro elaborazione e aggiornamento, sia in merito alla loro attuazione. Affinché risultino effettivamente operative ed efficaci, le misure elaborate devono poi disporre di meccanismi che consentano alle autorità di vigilanza, alle forze dell’ordine ed alle altre entità competenti di cooperare e coordinarsi.