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L’autoriciclaggio

L’AUTORICICLAGGIO

Negli ultimi anni novità significative sono intervenute nella normativa primaria di prevenzione e di contrasto del riciclaggio. Infatti, dopo lunghi e ampi dibattiti, anche il legislatore italiano si è convinto della necessità di introdurre nel nostro ordinamento il reato di autoriciclaggio. 

La legge n.186/2014, in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero, ha introdotto nell’ordinamento italiano, all’art.648-ter.1 c.p., il reato di autoriciclaggio, che punisce «chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce o trasferisce in attività economiche, finanziarie o imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa». 

Il legislatore, con l’introduzione dell’appena citato art. 648-ter.1, ha voluto mantenere separato il nuovo reato dalle fattispecie di riciclaggio e di impiego previste dagli artt. 648-bis e ter c.p., inerenti a condotte poste in essere da soggetti che non hanno commesso, né concorso a commettere, il reato presupposto, le quali sono punite più gravemente. Infatti, rispetto al reato di riciclaggio, l’autoriclaggio è sanzionato con pene meno severe, distinte in relazione al reato presupposto. 

Il differente regime sanzionatorio trova la sua ratio nella circostanza che la punizione per l’autoriciclaggio si cumula con quella prevista per il reato presupposto. 

Orbene, la formulazione degli artt. 648, 648-bis e ter c.p., esclude l’applicabilità degli stessi nei casi di concorso nel reato presupposto, dalla commissione del quale discendono i proventi illeciti oggetto di ricettazione, riciclaggio e impiego. 

Tale scelta legislativa ha da sempre trovato la propria giustificazione nella convinzione che la pena prevista per il reato presupposto racchiuda già in sé la punizione per la dissimulazione dei proventi. Detta impostazione ormai si rileva del tutto inadeguata, giacché, se nella sua formulazione originaria la fattispecie del riciclaggio aveva ancora ben chiari i caratteri di accessorietà rispetto ai reati principali (di particolare gravità), puniti dalla primigenia formulazione del 1978, l’enunciazione odierna della fattispecie non consente di giungere a medesima conclusione. 

La legge 186/2014, introducendo il nuovo art. 648-ter.1 nel codice penale, modifica questa originaria impostazione. Con la nuova norma incriminatrice è stata riconosciuta una autonoma fattispecie di reato. 

La condotta punita consiste nell’impiegare, sostituire, trasferire in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative i proventi derivanti dalla commissione del reato presupposto, in modo da ostacolarne concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. 

In tale modo si è previsto come reato qualsiasi fenomeno di reimmissione dei proventi sia di attività intrinsecamente illecite (tipiche della criminalità organizzata, ad esempio traffico di droga/armi), sia di fatti criminosi che si innestano su attività altrimenti lecite (proventi generati da reati fiscali, proventi di appalti ottenuti a seguito di corruzione). Entrambe le disponibilità economiche sono catturate dalla norma quando, rispetto a esse, siano compiuti atti di impiego, di sostituzione, di trasferimento, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza. In tutti i casi, la re-immissione nel circuito «economico-finanziario» costituisce l’elemento necessario e indispensabile per individuare le condotte punibili rispetto alle condotte costituenti post factum (non punibile). 

Qualora i fatti siano commessi nell’esercizio di un’attività bancaria, finanziaria o professionale è previsto un aumento della pena. Invece, è prevista una diminuzione della pena fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e della altre utilità provenienti dal delitto. 

Infine, è prevista l’applicabilità dell’ultimo comma dell’art. 648 c.p.. Questo, nel disciplinare la ricettazione, stabilisce, al richiamato ultimo capoverso, che le disposizioni in materia si applicano anche quando l’autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto. 

Fuori dei casi menzionati, la punibilità è esclusa per le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità siano destinati alla «mera utilizzazione o al godimento personale». In tal modo sarebbe rispettato il principio del ne bis in idem, in virtù del quale nessuno può essere punito due volte per lo stesso fatto.